LA RAGIONE DELL’INCONSCIO di Patrizia Lupi

LA RAGIONE DELL’INCONSCIO di Patrizia Lupi

PDFStampaE-mail

Cosa ci faccio a Firenze, di nuovo? L’Inconscio è a Firenze? In effetti c’è un gruppo clinico al quale partecipo, che ha preso questo nome. E’ curioso: una decina di anni fa con alcuni colleghi provenienti da varie parti d’Italia, in vista di un qualche progetto di collaborazione, abbiamo organizzato a Firenze una giornata di studi proprio sull’inconscio. Ricordo che allora avevo ripreso quel punto della metapsicologia dove Freud invita ad “emanciparsi dall’importanza del  sintomo consapevolezza nella misura in cui vogliamo conquistare la capacità di considerare metapsicologicamente la vita psichica”. Che gioia allora aver scoperto un’affermazione tanto scandalosa!
Qualche anno fa invece a Padova, nel Convegno Psicanalisi e Scienza della Fondation Européenne pour la Psycanalise avevo scelto di parlare di Scientificità del lavoro onirico, ancora un tentativo di provare la scientificità della psicanalisi dopo tante dispute epistemologiche?
E oggi ecco: La Ragione dell’Inconscio, oppure, spazio al pluralismo: Le Ragioni dell’Inconscio o magari riferimento topologico e strizzatina d’occhio alle Neuroscienze: La Regione dell’Inconscio.

Che cosa insiste mi sono chiesta? Cosa mi guida in questi territori? Ci sarà una ragione!

Inoggettivabile, incommensurabile, ipotetico, come dimostrare l’esistenza dell’inconscio?

1) Un’accezione possibile di ragione è proprio: argomentazione,  prova,  dimostrazione, usate per convincere qualcuno. Ma se cambio il punto di vista, posso abbandonare la pretesa di prove ontologiche dell’esistenza dell’inconscio. Smettere di volerlo dimostrare e accoglierlo quando si mostra, impresa forse ancora più difficile: passare dalla ricerca di oggettività all’implicazione della propria soggettività.

Ne I quattro concetti fondamentali della psicanalisi Lacan parla dell’inconscio come di qualcosa che sta in attesa, nell’area del non nato (24)… “Non è né essere, né non essere, ma non realizzato” (31).

Lo statuto dell’inconscio che vi dico così fragile sul piano ontico, è etico. Freud nella sua sete di verità dice –Comunque sia bisogna andarci- perché, da qualche parte questo inconscio si mostra” (34)

Comunque sia, quindi: oltre i fondamenti intelligibili, oltre il dibattito sulla sua esistenza. Si tratta di un compito etico e la ragione dell’inconscio, nel senso del genitivo soggettivo, emerge nelle sue manifestazioni, preziose quanto improvvise occasioni di apertura che annunciano il suo immediato richiudersi. C’è qualcosa in attesa, che domanda di realizzarsi, ma senza garanzia di permanenza perché già si sottrae. Onticamente infatti, l’inconscio è l’evasivo.

Prendiamo ad es. quell’inciampo della parola che è il lapsus: possiamo considerarlo una cura della parola? Sembra un paradosso, normalmente riteniamo che una parola sbagliata non sia curata eppure questa lo è: non si tratta di correggerla, né di interpretarla. Ma di ascoltarla e considerarla. Se oggi nel linguaggio corrente la parola è considerata con sempre maggiore indifferenza se non con spregio per cui chiamare le cose con il loro nome sembra diventato un atto rivoluzionario,  anche quello che emerge nel lapsus è un nome, un nome del desiderio inconscio. Il lapsus allora è la cura che l’inconscio promuove nel momento in cui la coscienza allenta il controllo della censura, e l’ascolto è la cura che del lapsus ci si può prendere nella responsabilità soggettiva di ritornare su quanto si è detto. Correggere l’errore,  liquidarlo come “lapsus freudiano”, o indugiare sull’avverbio “inconsciamente” che ormai è diventato un intercalare usato spesso come sinonimo di involontariamente, sono tentativi di addomesticamento di quanto sfugge alla volontà, anzi esprimono un non volerne sapere, vanificano opportunità di ascolto delle istanze etiche dell’inconscio. L’inconscio allora diventa un alibi anziché occasione di responsabilità. Perché il lapsus in sé non basta, esso interpreta, ma chiede ascolto e articolazione. Attende cioè di essere pensato, elaborato, di prendere forma. Questo è l’aspetto etico dell’inconscio, l’appello di  qualcosa che sta in attesa, dell’ordine del non realizzato. Il lapsus annuncia una possibile nascita, a noi la responsabilità di accoglierla, e di riconoscercene  autori esautorati.

2) Altra accezione di ragione: facoltà di pensare, capacità di discernere, di determinare rapporti e legami tra concetti, di formulare giudizi. Generalmente la ragione è considerata superiore e contraria all’istintivo, all’affettivo, all’insensato, ma anche facoltà intellettiva sufficiente per la comprensione delle verità più alte e dei misteri più reconditi. La ragione come razionalità è una facoltà irrinunciabile per l’uomo, ma non può diventare ragioneria o ridursi alla ragione cosciente. L’attenzione nei confronti delle manifestazioni dell’inconscio ha implicato il ridimensionamento della sfera della coscienza. Con l’avvento della psicanalisi infatti occorre pensare a una ragione che non escluda l’inconscio, ammettere che la ragione dell’inconscio oltrepassa la ragione della coscienza,  anticipa l’Io e ne allarga i confini. Questa scoperta non è facile da accettare: Freud stesso la indica come la terza ferita narcisistica che gli umani hanno subito. A questo colpo l’Io risponde con un rifiuto, aumentando il controllo e la sorveglianza, con il risultato di un’insistenza nel farsi sentire ancora maggiore da parte dell’inconscio. Solo se il confine tra coscienza e inconscio rimane transitabile possono avvenire incontri felici. Incontri che possono farci intendere un’altra ragione, aprire a una logica differente, sorprenderci con un pensiero inedito.

3) E ancora ragione riguarda l’ambito giuridico: funzione o sede dell’organo amministrativo della giustizia, cioè del tribunale. La ragione dell’inconscio rimanda alla giustizia inconscia, quella giustizia che l’inconscio rende al desiderio. Al di là di ogni conveniente ragionevolezza l’inconscio non si adegua agli universali, né si conforma al pensiero unico, ma si prende il diritto di dire la sua.

Ragione e inconscio quindi non sono in opposizione e nemmeno si avvicendano in una dinamica bipolare. La ragione dell’inconscio, nel senso della sua intelligenza, rappresenta una grande risorsa che apre la porta a contributi e illuminazioni, alla creatività della quale la coscienza, da sola, non è capace. Esempio ne sono la poesia e le produzioni artistiche, l’invenzione  scientifica e la scoperta delle soluzione di un problema, la trovata e il motto di spirito, frutti della libertà che può derivare dall’ammissione di quell’istanza psichica tanto sconosciuta, quanto temuta.

Parafrasando Goya se Il sonno della ragione genera mostri, Il sonno della ragione dell’inconscio rischia di condannarci all’infecondità.

Firenze 21 maggio 2011

PRIMO PIANO - Eventi

PRIMO PIANO - Pubblicazioni